[#51] Come curare il nostro pozzo per lavorare meglio
Togli l'acqua, metti l'acqua e crea degli standard.
«È in cima a una di queste librerie disordinate – quella contro il muro vicino alla finestra a est e a tre piedi circa dal suo letto – che Hemingway ha la sua “scrivania” – un metro quadrato di spazio angusto circondato da libri da un lato e dall’altro da un mucchio di carte, manoscritti e opuscoli di giornali. Sopra la libreria c’è appena spazio sufficiente per una macchina per scrivere, sormontata da un tavolo da lettura in legno, cinque o sei matite e un pezzo di minerale per appesantire le carte quando soffia il vento dalla finestra est. Un’abitudine lavorativa che ha avuto fin dall’inizio: Hemingway resta in piedi quando scrive. In piedi con un paio dei suoi mocassini di grandi dimensioni e la macchina per scrivere all’altezza del suo petto.»
Siamo nel 1954. Dalla conversazione tra George Plimpton ed Ernest Hemingway, in un caffè di Madrid, si rivela il cuore della gestione della conoscenza.
E si parte dal pozzo.
«Uno scrittore può essere paragonato a un pozzo. Ci sono tanti tipi di pozzi quanti sono gli scrittori. L’importante è avere una buona acqua nel pozzo ed è meglio prelevarne una quantità regolare piuttosto che pompare il pozzo asciutto e aspettare che si riempia.»
Alimentare la nostra conoscenza, curare il pozzo e prendere ciò che serve regolarmente. Proprio come dovremmo fare con il nostro modo di svolgere il lavoro che deve essere continuo e regolare, senza portarlo al limite e senza la necessità di strafare rischiando di rimanere senza acqua.
Come si alimenta questo pozzo? Con l’osservazione.
«Se uno scrittore smette di osservare è finito. Ma non deve osservare consapevolmente né pensare a come sarà utile. Forse sarebbe vero all’inizio. Ma poi tutto ciò che vede va nella grande riserva di cose che sa o ha visto. Cerco sempre di scrivere secondo il principio dell’iceberg. I sette ottavi di ogni parte visibile sono sempre sommersi. Tutto ciò che conosci lo puoi lasciare sott’acqua e, in questo modo, rafforzi il tuo iceberg. Ciò che conta è la parte che non si vede.»
Osservare per curare la nostra riserva di conoscenza, curiosità e immaginazione.
La stessa riserva che - anche se oggi non lo sappiamo - ci aiuterà a lavorare meglio, prendere decisioni efficaci e fare in modo che ci sia davvero quello che conta per noi nel nostro calendario.
In equilibrio tra:
avere un sistema
rafforzare una routine
prendersi la responsabilità
allenare la disciplina
condire con la flessibilità
amare la leggerezza
«E la routine di farlo sei giorni alla settimana mette una piccola goccia in un secchio ogni giorno, questa è la chiave. Perché se metti una goccia in un secchio ogni giorno, dopo trecentosessantacinque giorni, il secchio avrà dell’acqua dentro.»
E qui ci colleghiamo alla riflessione di Austin Kleon:
«Il tuo output dipende dal tuo input.»
In altri termini, se vogliamo migliorare l’output, il risultato del nostro lavoro e di come lo portiamo avanti, dobbiamo per forza di cose pensare all’input.
Il problema è che ci si focalizza sul risultato cercando di ottimizzarlo o cambiarlo senza gestire l’input.
Un cliente difficilmente ci chiederà quale sia il nostro input, ma vorrà verificare il risultato che si aspetta. Sta a noi curare quello che c’è sotto l’iceberg.
Cercare di avere un input costante e di buona qualità è la chiave, un piccolo pezzo ogni giorno. E vale per tutto.
«Quello che mi piace davvero fare è quello che chiamo Import ed Export. Mi piace prendere le idee da un posto e metterle in un altro e vedere cosa succede quando lo faccio.» (Brian Eno)
Mettere a punto il nostro iceberg
«Le formiche ottengono un flusso di lavoro ordinato attraverso una serie di semplici processi standard e anche noi possiamo beneficiare di standard.»
In pochissime parole, per standard si intende un metodo riconosciuto per fare qualcosa: il modo più noto di fare le cose in un dato momento.
Avere degli standard definiti (e seguirli) vuol dire permettere a tutte le persone coinvolte di sapere cosa fare.
Gli standard cambiano ed evolvono nel corso del tempo, seguendo la naturale evoluzione del lavoro.
Ogni volta che - magari ricorrendo al tuo pozzo che hai nutrito con nuova conoscenza - ottieni un risultato migliore o riesci a risolvere un problema imprevisto, ciò che hai fatto può diventare uno standard.
Prenditi del tempo per trasformare le soluzioni in standard.
E fai in modo che questi standard siano visibili per rendere palese il flusso di lavoro stesso.
Per farti un esempio molto semplice, una lavagna che mostra chiaramente il carico di attività aperte, in corso, in attesa e finite permette di capire al volo dove sono i problemi, i sovraccarichi e gli eventuali blocchi.
La stessa cosa riguarda l’uso di colori e simboli. Qualcosa che a colpo d’occhio renda chiara la situazione.
La senti anche tu quella voce? Qualcuno che dice che gli standard fermano la creatività?
Ma è esattamente l’assenza di standard, come la totale mancanza di un calendario, di liste o checklist, a portare troppa operatività sconclusionata nelle nostre giornate. Operatività assurda che non ci fa nemmeno pensare, figuriamoci creare. Il tutto condito da reattività e frammentarietà in stile pallina del flipper.
Gli standard servono anche per svuotare la mente, esattamente come direbbero due dei miei miti, David Allen per le attività e Tiago Forte per le note. Standard, liste e checklist liberano la mente dalle rotture di scatole, lasciandole lo spazio necessario per agire, creare, prendere decisioni e sognare. Vagare liberamente.
Migliorare il proprio modo di lavorare non è una strategia, ma una mentalità, che aiuta a individuare e risolvere i problemi prendendo acqua dal pozzo (senza svuotarlo).
«- Riesci a scacciare dalla tua mente qualunque altro progetto quando sei davanti alla macchina per scrivere? – Certo. Ma ci vuole disciplina per farlo e questa disciplina si acquisisce. Deve esserci.» (Hemingway)
📖 Bit & Learn
La scheda cliente e l'intelligenza artificiale: cosa possiamo fare?
Ecco la registrazione del webinar su come conoscere e gestire meglio i clienti, a partire dalla scheda cliente.
Abbiamo visto cosa possiamo fare con una scheda completa di dati, grazie anche al supporto dell’intelligenza artificiale.
Nello specifico, ho usato principalmente ChatGPT, ma anche Perplexity e Gemini. Per finire in bellezza con Albus, uno strumento unico che mette insieme la forza delle board interattive e l'intelligenza artificiale.
🍎 Qui trovate la registrazione che sarà sempre disponibile nello spazio TeamTalk Salon di Circle.
Punti trattati:
Perché avere una scheda cliente.
Cosa approfondire (alcuni prompt di esempio).
Quali strumenti usare.
Come migliorare la percezione del lavoro per passare da “A=B” ad “A” (e abbiamo visto cosa vuol dire arrivare ad “A”).
Lavora come un drago
⬆️ Ecco una parte dell’elenco delle risorse aggiuntive riservate ai partecipanti della Masterclass di domani.
Lavora come un drago è il percorso ragionato che permette di identificare e rafforzare l’ecosistema dei freelance. Tassello per tassello.
Ultimo giorno per partecipare alla live di domani (sarà sempre disponibile la registrazione, insieme agli altri corsi e alle risorse collegate):
ℹ️ https://www.organizzazionedigitale.it/drago/
Cornalba, aprile 2024
Fiori in goccia.
Con stima nerd,
Debora
Condivido tutto! E mi piace molto il modo in cui lo hai spiegato. Grazie :)